Villa del Barone

La residenza pratese di Giovangirolamo de' Rossi

di Pier Luigi Poldi Allaj

 

In provincia di Prato, una delle più belle ville della zona di Montemurlo, certamente la più imponente, oggi purtroppo non visitabile ed in restauro, è la Villa del Barone o, per essere più filologici, "Il Barone". Vi si giunge prendendo a salire per la via detta di 'Bagnolo di sopra'. La villa è situata sulle pendici del monte Iavello, a dominare la piana lungo la strada verso Albiano.

La grandezza della dimora è simbolo del carattere e dello stato sociale raggiunto dal suo committente "storico",  Bartolomeo - detto Baccio - Valori il quale, dopo essere stato commissario del Pontefice Clemente VII all'assedio di Firenze, dopo avere dettato articoli della resa della città (peraltro ritenuti "bugiardi"), dopo essere stato dichiarato senatore del nuovo principato mediceo di Alessandro, sorto dalle ceneri della repubblica fiorentina, cambiava egli di partito e si gettava in quello dei fuorusciti fiorentini, macchinando il modo di rientrare e scacciarne il Duca Cosimo. Baccio Valori occupava ancora la Villa del Barone nel 1537, quando vi accolse, tra gli altri antimedicei,  i cardinali Salviati, Ridolfi e Gaddi.

Entro le sue mura fu tramata appunto quella congiura contro i Medici, capeggiata dallo stesso Baccio Valori, da Filippo Strozzi e da Anton Francesco Albizi, ultimo tentativo di rivalsa che si concludeva il 2 agosto 1537, alla Rocca di Montemurlo, con la sconfitta dei fuorusciti, che, catturati, venivano giustiziati e confiscati di tutti i beni.

Villa del Barone - fototeca dell'APT

Da quel momento si susseguirono, per la Villa del Barone,  diverse proprietà che, in vario modo,  contribuirono al mantenimento dell'antica 'dignità': i Panciatichi di Firenze fino al 1557, i Rossi di San Secondo dal 1557 al 1693, i Tempi di Firenze dal 1693. Quest'ultimo casato, di fatto, ne mantenne il possesso sino all'inizio del XX secolo: dall'acquirente Francesco ai discendenti di Ferdinando Marzi-Medici (1770, per adozione), a Maria Ottavia Vettori Guerrini (1847,  nipote di Luigi Tempi), la quale vi ospitava il famoso pittore Cristiano Banti, i cui figli ne furono dichiarati eredi. Acquistata nel 1938 dalla famiglia Coppedè, nel periodo post-belllico venne destinata persino ad ospizio, prima di essere, ai giorni nostri, ormai "abbandonata ed in pessime condizioni di manutenzione" (Bramanti) rilevata dalla società immobiliare "Villa Il Barone"  che la renderà "una struttura ricettiva e convegnistica che darà nuovo impulso all’attività turistica montemurlese".


Montemurlo - 19 gennaio 2005

La Villa del Barone diventerà un hotel
Via libera del consiglio al piano di recupero del prestigioso edificio
Previsti anche piscina e parcheggio. Ospiterà un centro convegni

MONTEMURLO. Può partire l'attesa operazione di recupero della Villa del Barone, uno degli edifici più prestigiosi del territorio montemurlese. Dunque il 2005 porta subito importanti novità nella prima seduta dell'anno del consiglio comunale di Montemurlo, riunitosi lunedì sera nella sala "Angiolo Menicacci" di via Montalese. Un ordine del giorno caratterizzato da non molti elementi di discussione, ma alcuni di essi significativi per i cambiamenti futuri della città. Il consiglio comunale ha dato appunto il via libera al piano di recupero di villa del Barone. È stato il sindaco Ivano Menchetti a illustrare il progetto di restauro di uno degli edifici monumentali più prestigiosi della città di Montemurlo: il complesso immobiliare di cui è proprietaria la società Villa Il Barone diventerà infatti una struttura ricettiva e convegnistica che darà nuovo impulso all'attività turistica montemurlese.
"Si tratta di un intervento importante per vivacizzare e generare un fermento di persone e di attività intorno all'area del Monteferrato, con benefici evidenti per l'economia locale", ha spiegato il primo cittadino.
Oltre alla struttura convegnistica, è prevista la realizzazione di un albergo di trenta camere attrezzato con piscina, senza alterare le parti storicamente e artisticamente più importanti che saranno oggetto specifico della fase di intervento. Un occhio di riguardo sarà rivolto al recupero del "Selvatico": il parco adiacente alla villa, infatti, sarà aperto all'uso del pubblico, mentre sarà ristrutturato il giardino posto di fronte la villa. Entrambi i giardini, quello romantico e quello rinascimentale, saranno al centro di uno specifico progetto di restauro.
Ma con Villa Il Barone la città di Montemurlo non avrà guadagnato solo un albergo e un salone per organizzare convegni: sarà ricavato anche uno spazio per il parcheggio delle auto con la costruzione di 74 posti macchina.
A rendere possibile tutta l'operazione sarà una convenzione stipulata con la stessa società Villa Il Barone che prevede, tra l'altro, l'approvazione di un regolamento per la concessione in uso reciproca - tra l'Amministrazione comunale e la società - del giardino romantico e del centro convegni.

Ai Rossi di San Secondo la Villa del Barone appartenne per 136 anni. Venne infatti acquistata nel luglio 1557 da Giovangirolamo, ritiratosi in Toscana per le note vicissitudini parmensi culminate - nei primi anni Cinquanta - con la definitiva assegnazione del ducato ad Ottavio Farnese, dopo che la medesima era stata messa in vendita da Bartolomeo Panciatichi, a seguito del dissesto finanziario della famiglia. Scrive Mariella Becherini nel saggio in Visonà, M., Ville e dimore di famiglie fiorentine a Montemurlo (Firenze, Edam, 1991): "...  il Panciatíchi ...  fu costretto a privarsi, tra gli altri, dei suoi possessi di Montemurlo e con essi di quella parte della villa del Barone che gli apparteneva. Tali beni furono posti all'incanto, e assegnati nella terza seduta d'asta del 17 luglio 1557, per un'offerta di ottomilasettecento fioríni d'oro, ad Andrea di Lippaccio del Patriarca. Due giorni dopo, questi, presso il notaio Ser Piero Verini, nominò effettivo acquirente Gíangirolamo Rossi dei conti di San Secondo, vescovo di Pavia. Con lui la villa del Barone entrò a far parte del patrimonio della famiglia Rossi, per rimanervi ... per più di un secolo".

Il vescovo di Pavia Giovangirolamo, che sotto Giulio III aveva pure ricoperto la carica di governatore di Roma, nel 1555 alla morte del pontefice  - avvenuta il 23 febbraio - si era dapprima ritirato in Prato, "città in cui aveva abituale residenza nel popolo di San Jacopo, 'nella Contrada di Santa Trinità', dove dedicava il suo tempo alla composizione poetica e letteraria" (ancora Mariella Becherini, che cita un atto notarile "rogato in detta casa, da Ser Jacopo Baldinucci il 21 novembre 1562 (A.S.F., Notarile antecosimiano 1357, cc. 156v-158)".

L'acquisto non aveva riguardato l'intero edificio, che neppure nella sua totalità apparteneva ai Panciatichi, ma solo una terza parte, come appare nel rogito del 26 luglío 1557. Sempre Becherini annota l'acquisto "d'una casa da Sig(no)re con pratello dinanzi di st(aio)ra tre in circa, per indivisa per gl'altri 2/3 colla Camera di S. Ecc.za Ill.a, luogo detto la casa al Barone".

E' verosimile, tuttavia, che i restanti due terzi della villa, inizialmente trattenuti dagli Ufficiali dei Ribelli in seguito alla requîsizione fattane al Valori,  confluiti nel patrimonio della Camera ducale e di cui ancora - nel 1557 - continuavano a far parte, diventassero di proprietà di Giovangirolamo per donazione dello stesso Cosimo dei Medici. Ciò si evince, se pur indirettamente, da un atto notarile del 1562 col quale Giangirolamo procedeva, a titolo di donazione, alla divisione del proprio patrimonio tra i nipoti Sigismondo e Ferrante. Nella descrizione delle proprietà dí Montemurlo, che lasciava a Sigismondo, si parla genericamente di «possessiones o(mn)es et bona ímmobilia, terras et domos o(mn)es per dictum Rev.m donantem empta et acquisita usque in presentem diem in comuni Monti murli l(oco) d(ict)o al Baron(e)».

Con quell'atto, rogato da Ser Jacopo di Ser Stefano Baldinucci il 4 settembre 1562 (A.S.F., Notarile antecosimiano 1375, cc. 103-107)  il vescovo voleva garantire la permanenza dell'intera possessione del Barone fra i beni della famiglia. Veniva infatti costituito, per la possessione del Barone un fldecommisso, con diritto dí primogenitura maschile e con il conseguente divieto per il proprietario di alienare, vendere, o trasferire ad alcun titolo, tranne la legittima discendenza, l'intero bene, stabilendo che nel caso di estinzione della linea maschile di Sigismondo detti beni sarebbero dovuti passare al nipote Ferdinando e ai suoi discendenti maschi, e analogamente, nel caso si fosse spenta anche la linea di quest'ultimo, dovevano pervenire, sempre a titolo di donazione, ai successoti più prossimi, primi fra tutti quelli della linea del fratello Giulio Cesare, già conte di Caiazzo, il capostipite dei cosiddetti Rossi di Napoli.

"Alla morte di Giangirolamo, avvenuta il 5 aprile 1564 in Prato [in ogni caso Giovangirolamo dovrebbe aver reso l'anima a Dio in casa sua, Villa del Barone, n.d.r.], dove trovò sepoltura nel coro della chiesa di Santa Trinità, la villa divenne quindi patrimonio di Sigismondo Rossi, che è evidentemente quel «Síg.re Conte di San Secondo» indicato come proprietario del Barone nella pianta di Gíorgio Vasarí il Giíovane".

"Di un intervento finanziato da Sigismondo alla villa del Barone abbiamo notizia da una deliberazione, emessa il 17 luglio 1607, dai luogotenenti e consiglieri della repubblica fiorentina, in merito a una richiesta inoltrata dal figlio Gíangirolamo, che nel frattempo doveva esserne divenuto proprietario. Costui chiedeva che venisse riconosciuto e liquidato il valore di «più e diversi miglioramenti» condotti per iniziativa del genitore «in detta possessione (del Barone) poderi, casa e beni», che risultava ammontare alla somma di seimila scudi. L'istanza viene riconosciuta legittima e avente diritto di essere soddisfatta, poiché «detti miglioramenti fatti nella detta possessione, beni, poderi, case, palazzo, e altro (...) (sono) stati utili e necessari e parte utili, et parte necessari e per quellî e spese fatte in quelli, detta possessione esser cresciuta di notabil stima, valuta, prezzo, e rendita». Se il documento è esplicito nell'affermare che alcune migliorie interessarono anche la villa, non fornisce alcun indizio per valutarne la consistenza. Tuttavia, dal momento che si dichiara un notevole incremento complessivo, in seguito a questi lavori, del valore della possessione, e presumibilmente anche dell'edificio, potremmo individuarne la realizzazione nei prolungamenti a un solo piano aggiunti alle due ali laterali. La loro stessa estraneità all'organismo architettonico. di cui vengono a turbare l'equilibrio essendo privi del piano superiore che contraddistingue íl corpo centrale della fabbrica, col quale sembra non abbiano collegamento strutturale, ci induce infatti a pensare che possano essere aggiunte successive, non previste nel primitivo progetto. D'altronde, se accettiamo l'ipotesi di un ampliamento della villa, la realîzzazione non sembra attribuibile che a Sigismondo Rossi, che ne fu proprietario dal 1564 e avrebbe avuto l'ampio margine di tempo di circa un trentennio per condurre i lavori prima che Giorgio Vasari il Giovane ne rilevasse la pianta, dove gli avancorpi risultano già definiti nella loro dimensione attuale. E' da escludere infatti un intervento del Pancíatichi, che non possedette mai per intero il Barone; lo stesso dicasi del vescovo Giangirolamo, in merito al quale non si ha notizia di alcuna iniziativa di rinnovamento o miglioria da lui promossa, né nell'atto di donazione del 1562 al nipote Sigismondo, né nella sunnominata deliberazione emessa dai magistrati fíorentíni nel 1607".

Villa del Barone

La successiva serie dei passaggi di proprietà, sino al 1693, è riportata in una succosa nota del citato saggio di Mariella Becherini, nota che mi è piaciuto confrontare, passaggio per passaggio, con l'albero genealogico di Casa Rossi, ripreso dalle pagine del sito internet, curato da Davide Shamà, GENEALOGIA DELLE DINASTIE NOBILI ITALIANE (http://www.sardimpex.com/) per meglio evidenziarne i contenuti e la valenza.

"Alla morte di Giangirolamo, privo di eredi, prese possesso dei beni del Barone il fratello Giulio (A.S.F., Decima granducale 2371, arroti del 1613, n. 112, cc. 286-270v), che lo mantenne per brevissimo tempo, venendogli contestato poiché, essendo figlio naturale di Sigismondo Rossi, non ne risultava legittimo destinatario, nel rispetto di quanto il vescovo Giangirolamo aveva disposto nell'atto di donazione del 1562 a detto Sigismondo".

Sulla linea di Sigismondo di Pier Maria III Rossi (giallo) la sequenza dei passaggi di proprietà appare pertanto la seguente:

----> 1564 Sigismondo di Pier Maria III
----> 15...  Gian Girolamo di Sigismondo
----> 1610 ca. Giulio di Sigismondo (esautorato perchè naturale)

 

A2. N.H. Pietro Maria III, 2° Marchese e 7° Conte di San Secondo, Conte di Berceto, Signore di Roccaferrara, Bardone, Pietra Balza, Corniana, Felino, e Roccabianca, Patrizio Veneto, Cavaliere del Reale Ordine di San Michele 1542, Colonnello delle Armate Pontificie 1526-5-VI-1527, Colonnello delle Armate di S.M. Cattolica 5-VI-1527-1540, Generale delle Fanterie Italiane nelle Armate del Re di Francia 1542 (*San Secondo 1504, +San Secondo 15-VIII-1547)

= 1523 la N.D. Camilla Gonzaga, Patrizia Veneta, figlia di Giovanni Gonzaga, Signore di Vescovado e Patrizio Veneto, e di Laura Bentivoglio dei Signori di Bologna (*1500, +1585 oppure 1572)

 

[ ... OMISSIS ... ]

 

B4. N.H. Sigismondo, Patrizio Veneto, Cavaliere di Santo Stefano 1561, Colonnello delle Armate del Duca di Firenze 1552, Generale delle Cavallerie del Duca di Firenze 1557, Ambasciatore del Duca di Firenze presso l’Imperatore 1565 e in Spagna 1570 (*1530, +15..)

= 1565 la Contessa Barbara Trapp auf Churburg, figlia del Conte Carlo Trapp auf Churburg, Barone di Beseno e Caldonazzo

 

C1. N.H. Gian Girolamo, Patrizio Veneto (*1566, +1610 ca.)

 

D1. [naturale da ...........] Maria

= 1615 il Conte Palatino Lelio Martelli, Patrizio di Firenze (* 1586 + 1642)

  

C2. N.D. Eleonora, Patrizia Veneta (*1568, +?)

= Mantova 1585 Francesco Cauzzio Gonzaga, Patrizio di Mantova

C3. N.D. Barbara, Patrizia Veneta (+15-II-1604)

= Simone della Gherardesca, Conte di Bolgheri (*3-III-1563, +6-X-1609)

C4. [naturale da ...........] Giulio, Capitano delle Armate del Duca di Savoia

C5. [naturale da ...........] Camilla

 

"I beni pervennero quindi il 17 giugno 1614, per sentenza dei Giudici di Ruota di Firenze, emanata cinque giorni prima, a Ferdinando, alias Ferrante, di Giulio Cesare Rossi (A.S.F., Decima granducale 2372, arroti dell'anno 1614 n. 61, cc.167-169v), designato dallo zio vescovo Giangirolamo come sostituto, legittimo erede dei possessi di Montemurlo, in caso di estizione della linea di Sigismondo. Ferrante, congiuntosi in matrimonio con Polissena di Carlo Gonzaga, signore di Bozzolo, sì stabilì a Mantova, dove mantennero residenza i suoi discendenti."

"Per non smentire lo spirito belligerante dei Rossi, anche Ferrante dedicò la sua vita alla carriera militare: fu al servizio di Carlo IX nelle battaglie contro gli Ugonotti, di Filippo II nella guerra per la conquista del Portogallo (1580), di Ferdinando dei Medici che, nominatolo cavaliere di Santo Stefano il 7 maggio 1589 (G. V. MARCHESI, 1735, II, p. I48), lo inviò nel 1594, col titolo di maestro di campo e luogotenente del fratello don Giovanni, nella spedizione d'Ungheria, in aiuto dell'imperatore Rodolfo II contro i turchi. Infine nel 1602 la repubblica veneta lo impiegò nelle guerre del Monferrato, del Friuli e d'Albania (V. CARRARI, 1583, pp. 232-233; G. V. MARCHESI, 1735, II, pp. 148-150; P. LITTA 1819-1902, serie I, Rossi di Parma, tav. V)".

"Morì il 2 aprile 1617, nemmeno tre anni dopo essere pervenuto alla proprietà del Barone, passata l'anno stesso al figlio Carlo (A.S.F., Decima granducale 2376, arroti dell'anno 1617, n. 26, cc. 48-50v), già al servizio dei Gonzaga, che infine lo dichiararono governatore generale del marchesato del Monferrato in loro vece (P. LITTA 1819-1902, serie I, Rossi di Parma, tav. V)".

"Venendo a mancare pochi mesi dopo anche Carlo, spentosi il 25 gennaio 16I8 a Casale Monferrato, la possessione del Barone divenne patrimonio del figlio Arrigo (A.S.F., Decima granducale Z377, arroti dell'anno 1618, n. 153, cc. 242-244v), anch'egli legato alla corte dei duchi di Mantova, che lo impiegarono come capitano di corazze e tenente generale nella provincia di Casale (P. LITTA, 1819-1902, serie I, Rossi di Parma, tav. V), il quale ne mantenne la proprietà fino al 1625. In questo lasso di tempo Arrigo Rossi offri ospitalità alla villa del Barone a Giovan Francesco Rosi, nobile aretino e Gentiluomo d'onore del duca di Mantova, e ad Alessandra di Carlo Bocchineri da Prato, il giorno delle loro nozze, avvenute nel settembre 1621 in Prato, come si evince da un documento già reso noto da Maurizio Filaggi (1980, p. 218 nota 146; A.S.F., Sezione di Prato, Buonamici 1, fascicolo 9, cc. 1-14), che permise allo studioso di stabilire che la villa nel 1621 apparteneva a tali Rossi di Mantova, senza meglio specificarne l'identità, che non era dichiarata dallo stesso documento".

"Nel 1625, in seguito ad una divisione patrimoniale, tutti i beni di Montemurlo passarono al fratello di Arrigo, Ferrante (A.S.F, Decima granducale 2388, arroti dell'anno 1625, n. 116, cc. 308-310v),

e nel 1647 ai propri figli Anton Ferrante e Carlo (A_S.F., Decima granducale 2411, arroti dell'anno 1647, n. 51, cc. 119-120v), a causa del suo decesso, avvenuto presumìbilmente l'anno stesso, in Candia, dove si trovava a combattere al servizio veneto contro i turchi (P. LITTA, 1819-1902, serie I, Rossi di Parma, tav. V)".

"Il 21 gennaio 1662 venne a mancare Carlo, per cui la possessione del Barone divenne proprietà del solo Anton Ferrante, la quale non risulta chiaro perché venisse registrata nei libri della decima ben otto anni dopo la morte del fratello, ovvero nel 1669 (A.S.F., Decima granducale 2433, arroti dell'anno 1669, n. 19, ce. 57-59v)".

"Lo stesso Anton Ferrante, il 18 febbraio 1679, dicci giorni prima di morire, dichiarò con regolare testamento erede universale l'unico figlio, ancora minorenne, Ferrante Maria Gaspero, al quale passò quindi il dominio dei beni di Montemurlo {A.S.F., Decima granducale 2445, arroti dell'anno 1679, n. 13, cc. 46-51}, seppur per un breve spazio di tempo, cessando anch'egli di vivere il 21 dicembre 1679".

"La villa e i possessi del Barone passarono così nuovamente di mano, pervenendo l'anno stesso a Porzia Romoli, madre del giovane e moglie di Anton Ferrante Rossi (A.S.F., Decima granducale 3330, arroti nell'anno 1679, n. 151, cc. 243-248v)".

Sulla linea di Ferrante di Giulio Cesare Rossi (dappima arancio, poi verde in seguito alla divisione patrimoniale del 1625, per concludersi in rosa con Porzia Romoli) si evidenziano i passaggi di proprietà:

----> 1614 Ferrante di Giulio Cesare
----> 1617 Carlo di Ferrante
----> 1618 Arrigo di Carlo

----> 1625 Ferrante di Carlo
----> 1647 Anton Ferrante e Carlo entrambi di Ferrante
----> 1662 Anton Ferrante di Ferrante
----> 1679 (gennaio)  Ferrante Maria Gaspero

----> 1679 (dicembre) Porzia Romoli

 

A9. N.H. Giulio Cesare, Conte di Cajazzo 1539, Conte di Colorno (usurpatore) 1539-1545, Signore di Basilicanova 1521-1545, Signore delle Serre e di Persano 1539, Patrizio Veneto, Colonnello delle Armate di S.M. Cattolica 1551 (*San Secondo 1519, +assassinato Abbazia di Santa Maria della Colomba di Chiaravalle 6-IV-1554)

= 1539 Maddalena Sanseverino, Contessa di Cajazzo e Signora delle Serre e di Persano, figlia di Roberto Ambrogio Sanseverino, Conte di Cajazzo e Colorno, e di Ippolita Cybo dei Conti di Ferentillo (+1551)

 

B1 [... OMISSIS...] (la linea viene riportata più avanti)

 

B2. N.H. Ferrante, Patrizio Veneto, Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano dal 1589, Colonnello delle Armate del Re di Francia 1567-1580, Colonnello delle Armate di S.M. Cattolica 1580, Maestro di Campo delle Armate del Granduca di Toscana 1594, Generale di Artiglieria delle Armate Imperiali 1596, Consigliere di Guerra dell’Imperatore 1596, Generale delle Armate della Repubblica di Venezia 1602, Soprintendente Generale delle Fortezze della Repubblica di Venezia 1610, Governatore del Monferrato dal 1614 (confermato nel marzo 1615) (+Brescia 1618)

= la N.D. Polissena Gonzaga, Patrizia Veneta, figlia del N.H. Carlo Gonzaga, Signore di San Martino, Gazuolo e Pomponesco, Patrizio Veneto,e di Emilia Cauzzio Gonzaga

 

C1. N.H. Orlando Carlo, 1° Marchese di Casorzo dal 29-IX-1611 (ebbe in dono il feudo dal Duca di Mantova), nel 1614 rilasciò un procura per retrocedere il feudo al Duca, Patrizio Veneto, Cavaliere dell’Ordine del Redentore dal 1608, Colonnello di Cavalleria delle Armate del Duca di Mantova 1595, Governatore della Cittadella di Casale dal 1610, Governatore della Città di Mantova dal 1611, Governatore del Monferrato dal 1613 al 1614

= a) la N.D. Ippolita Gonzaga, Patrizia Veneta, figlia del N.H. Massimiliano Gonzaga, Consignore di Vescovado e Patrizio Veneto, e di Porzia Gonzaga dei Conti di Novellara

= b) Giovanna Martelli

 

D1. [ex 1°] N.H. Ferrante, Patrizio Veneto, Colonnello di Fanteria nelle Armate della Repubblica di Venezia (+di peste a Retimo, Creta 20-X-1646)

= Eleonora Canigiani, figlia del Senatore Tommaso Canigiani, Patrizio di Firenze

 

E1. N.H. Carlo, Patrizio Veneto, Colonnello delle Armate della Repubblica di Venezia dal 1649

E2. N.H. Antonio, Marchese di Villa San Secondo dal 4-XI-1676 (per acquisto dai Ballati Nerli), Patrizio Veneto

= Porzia Romoli

 

F1. N.H. Ferrante, Marchese di Villa San Secondo e Patrizio Veneto (+Mantova 1679)

 

[... OMISSIS...]

 

D2. N.H. Arrigo, Patrizio Veneto, Capitano di Corazze nelle Armate del Duca di Mantova, Luogotenente Generale di Casale (+post 1626)

= a) Ippolita Fodri, figlia di Ludovico Fodri, Patrizio di Mantova (+ante 1626)

= b) 1626 la N.D. Elisabetta Gonzaga, Patrizia Veneta, figlia del Marchese N.H. Giordano Gonzaga, Principe del Sacro Romano Impero, Consignore di Vescovado e Patrizio Veneto, e di Caterina Manna

 

E1. N.D. Polissena, Patrizia Veneta (+Roma 2-IX-1657)

= 1642 il N.H. Giulio Cesare Gonzaga, Marchese di Palazzolo e Patrizio Veneto (*Borgoforte 7-X-1605, +1658)

 

[... OMISSIS...]

 

"Ben presto però [i beni di Montemurlo] vennero rivendicati da Giulio Rossi, duca delle Serre nel regno di Napoli e dai suoi fratelli Giacomo e Orazio, legittimi discendenti di Ercole Rossi, figlio di Giulio Cesare e nipote del vescovo Giangirolamo, appellandosí agli stessi principi con i quali quest'ultimo aveva stabilito il fidecommisso sulla possessione del Barone, nell'atto di donazione del 4 settembre 1562, per i quali in caso di estinzione anche della linea di Ferrante dí Giulio Cesare - verificatasi con la morte di Ferrante Maria Gaspero - tutti quei beni sarebbero dovuti passare al fratello Ercole e ai suoi discendenti maschi. Con un decreto del magistrato di Firenze del 23 marzo 1683, confermato da un secondo del 6 giugno 1687, si chiuse la causa, per cui i Rossi del ducato delle Serre videro aggiudicarsi tutti i beni di Montemurlo che erano stati loro contestati dagli eredi di Porzia Romoli, evidentemente morta nel frattempo (A.S.F, Decima granducale 2455, arroti dell'anno 1688, n. 13 cc. 58-62v). Essi risiedevano nel napoletano, in quelle terre che erano entrato nel patrimonio della famiglia attraverso il matrimonio di Giulio Cesare Rossi con Maddalena Sanseverino, la quale aveva ereditato dal padre la contea di Caiazzo e la terra delle Serre nel regno di Napoli. Lo stesso Giulio Cesare, divenuto conte di Caiazzo, e poi Ercole, al quale passarono queste proprietà, trascorsero parte della loro vita in questi luoghi; il figlio di quest'ultimo, Giulio, ottenne il titolo di duca sopra la terra delle Serre, che pervenne poi al suo unico maschio Francesco, padre di detti Giulio - terzo duca delle Serre - Giacomo e Orazio (C. DE LELLIS, 1654-1671, II, 1663, pp. 185-186; P. LITTA, 1819-1902, serie I, Rossi di Parma, tav. V)".

"Costoro giunsero al proposito di disfarsene, per cui nel 1688 inoltrarono supplica a Cosimo III dei Medici, affinché prosciogliesse tutti quei beni dal vincolo del fidecommisso - stabilito dal vescovo Giangirolamo nel 1562 - per poter procedere alla vendita liberamente. II 23 novembre 1693, con atto rogato in Napoli, la proprietà della villa e della possessione del Barone fu ceduta per ventunmila scudi a Francesco Tempi".

Fu, dunque, una vittoria di Pirro quella dei fratelli "napoletani" (celeste) sulla vedova Porzia Romoli, non certo un'azione dettata dall'amore del sangue rossiano e dal ricordo del vescovo di Pavia Giovangirolamo!

----> 23 marzo 1683 (e conferma 6 giugno 1687)  Giulio, Giacomo e Orazio di Gian Francesco Rossi

----> 23 novembre 1693 Francesco Tempi

 

A9. N.H. Giulio Cesare, Conte di Cajazzo 1539, Conte di Colorno (usurpatore) 1539-1545, Signore di Basilicanova 1521-1545, Signore delle Serre e di Persano 1539, Patrizio Veneto, Colonnello delle Armate di S.M. Cattolica 1551 (*San Secondo 1519, +assassinato Abbazia di Santa Maria della Colomba di Chiaravalle 6-IV-1554)

= 1539 Maddalena Sanseverino, Contessa di Cajazzo e Signora delle Serre e di Persano, figlia di Roberto Ambrogio Sanseverino, Conte di Cajazzo e Colorno, e di Ippolita Cybo dei Conti di Ferentillo (+1551)

 

B1. N.H. Ercole, Conte di Cajazzo 1554-1595, Signore delle Serre e di Persano, Patrizio Veneto (*1540, +Napoli 1600)

= Faustina Carafa, figlia di Fabio Carafa, Signore di Arienzo, e di Gerolama Carafa dei Conti di Cerreto (+Napoli 1622)

 

C1. N.H. Roberto Ambrogio, Signore delle Serre e di Persano 1600-1601, Patrizio Veneto (+1630 ca.)

C2. N.H. Don Giulio, Signore delle Serre dal 1601 per rinuncia del fratello, elevato al titolo Ducale nel 1625, Signore di Persano, Patrizio Veneto (+16…)

= 20-XII-1609 Beatrice Carafa, figlia di Ottavio Carafa dei Signori di Castiglione, e di Fulvia Caracciolo (*7-IX-1593, +post 8-VII-1638)

 

D1. N.H. Don Roberto Ambrogio, Patrizio Veneto (+giovane)

D2. N.H. Don Gian Francesco, 2° Duca delle Serre, Signore di Persano, Patrizio Veneto (+1649)

= a) 3-IV-1633 Dorotea Caracciolo, figlia di Mario Caracciolo del Sole, Patrizio Napoletano, e di Isabella Caracciolo (+1637)

= b) 29-IV-1642 Donna Lucrezia Dorotea Caracciolo, figlia di Don Fabio Caracciolo, 2° Conte di Picerno, e di Cantelma Sorgente (*10-III-1620, +14-II-1693)

 

E1. [ex 1°] N.D. Donna Giovanna, Patrizia Veneta

= Serre 21-XII-1654 Don Fabrizio Spinelli, 1° Duca di Castelluccio e Patrizio Napoletano (*Vico 18-II-1618, +ante 6-IX-1696) (

E2. N.H. Don Giulio, 3° Duca delle Serre, Signore di Persano, Patrizio Veneto, Patrizio Napoletano, ascritto al Seggio di Porta Capuana 1664, iscrizione dapprima revocata dal Viceré poi avvallata (+post 1664)

= 28-X-1663 Donna Isabella di Sangro, figlia di Don Fabrizio di Sangro, 4° Duca di Casacalenda e Patrizio Napoletano, e di Donna Beatrice Carafa dei Duchi di Campolieto (*Casacalenda 4-II-1642, +.…)

E3. N.H. Don Giacomo, 4° Duca delle Serre, Signore di Persano, Patrizio Napoletano, Patrizio Veneto (+….)

= 16… Anna Teresa Margherita Pignatelli, figlia di Cesare Ettore Pignatelli, 3° Marchese di Casalnuovo e Patrizio Napoletano, e Maria Beltrano dei Conti di Mesagne (*29-V-1666, +8-XII-1736)

 

F1. N.D. Donna Maria Carmela, Patrizia Veneta (+7-VII-1764)

= 28-IV-1714 Don Giacomo II Capece Galeota, 3° Duca di Sant’Angelo a Fasanella e Patrizio Napoletano (*1690 ca., +1-XI-1715)

F2. N.H. Don Gerardo, 5° Duca delle Serre e Signore di Persano fino al 1758, 1° Duca di Casal di Principe 1758, Patrizio Napoletano, Patrizio Veneto (+17…)

= 5-III-1714 Donna Diana Caracciolo, figlia di Don Carlo Giuseppe Caracciolo, Principe di Atena, Marchese di Brienza, e di Donna Teresa Pinto y Mendoza dei Principi di Ischitella (*7-IV-1691, +28-IV-1761)

 

G1. N.H. Don Giuseppe, 2° Duca di Casal di Principe, Patrizio Napoletano, Patrizio Veneto (*1715, +Napoli 1779)

= Donna Brianna Sanchez de Luna d’Aragona, figlia di Don Giovanni Nicola Sanchez de Luna d’Aragona, 2° Duca di Sant’Arpino e Patrizio Napoletano e di Laura Pisani, Marchesa di Pascarola (*Sant’Arpino 6-IV-1718, +….)

 

H1. N.D. Donna Maria Teresa, 3° Duchessa di Casal di Principe, Patrizia Veneta (+14-III-1783)

= 10-VI-1767 Don Giovanni Francesco Sanchez de Luna d’Aragona, 4° Duca di Sant’Arpino e Patrizio Napoletano (*26-II-1744, +16-XI-1789)

 

E4. N.H. Don Orazio, Patrizio Napoletano, Patrizio Veneto (+Napoli 1711)

E5. N.H. Don Lelio, Patrizio Veneto (+giovane)

E6. N.H. Don Emanuele, Patrizio Veneto (+giovane)

E7. N.H. Don Giovanni, Patrizio Veneto (+giovane)

E8. N.D. Donna Emanuela, Patrizia Veneta

= 13-XI-1677 Don Francesco de Guevara dei Duchi di Bovino, Signore di Orsara e Patrizio Napoletano (*2-IV-1621, +1688)

 

[... OMISSIS ... ] (vedi più indietro)

 

La Villa del Barone
in
Giuseppe Zocchi, Wiews of Florence and Tuscany, New York, P. Morgn Library, 1971, n. 51.

La Villa del Barone, nel corso del XVI secolo, da fortilizio medievale era stata ampliata in signorile dimora rinascimentale e circondata da un ampio giardino. Ha tuttora - nonostante i gravi danni del tempo e l'incuria degli uomini, in attesa che il restauro ce la restituisca nel suo pieno splendore, per quanto la futura destinazione non sia esclusivamente "storico-artistica" - un aspetto imponente e maestoso, rinforzato da cantonali in bugnato d'arenaria, alberese e macigno. Sulla facciata cinquecentesca si svolgono due ordini di finestre e il portale, enfatizzato da un grande orologio. Balconi su mensole aggraziano le finestre del primo rialzato. Gli interni dicono abbiano festose decorazioni barocche e neoclassiche di evidente esecuzione sei e settecentesca.

Al termine di questo nostro resoconto "rossiano" piace infine accennare ad alcune note di colore, leggende che si tramandano oralmente e che potranno in qualche modo incuriosire il lettore, a cominciare dalla fama sinistra della Villa del Barone, che qualcuno definisce "inquietante". Fantasmi che tuttora dovrebbero abitare l'edificio, presenze misteriche a testimoniare un feroce passato. Si dice, addirittura, che la figlia del barone, antico proprietario, sia stata murata viva perché rimasta incinta prima del matrimonio e che ritorni nelle notti di dicembre. Secondo altre testimonianze sarebbe lo stesso barone ad apparire. Queste materializzazioni improvvise sarebbero di grande effetto e suggestione. Potremmo chiedere a Giovangirolamo... certamente lo potremo sapere - tra qualche tempo- dagli ospiti del costituendo albergo!

 

 

 

Bibliografia

BORTOLOZZI, C., Villa del Barone - Localizzazione e toponomastica, Provincia di Prato, 2006,
          (scheda in http://mapserver.provincia.prato.it/prv_po/Cartapatrimonio/_console/07_pdf/Edifici_Pses/020_Villa_del_Barone.pdf),

ROSSI, de', G., Vita di Federico di Montefeltro (a cura di V. Bramanti), Olschki, Firenze, 1995.

ROSSI, de', G., Vita di Giovanni de' Medici detto delle Bande Nere (a cura di V. Bramanti), Salerno Ed., Roma, 1996.

VISONA', M., Ville e dimore di famiglie fiorentine a Montemurlo (con interventi di A. Baroni e M. Becherini), Firenze, Edam, 1991).

ZOCCHI, G., Wiews of Florence and Tuscany, New York, P. Morgn Library, 1971, n. 51.

 

 

Siti e pagine internet isolate consultati:

- per la Villa del Barone:

http://www.archeogr.unisi.it/repetti/index.html

http://www.archeogr.unisi.it/repetti/dbms/sk.php?id=5129

http://www.comune.montemurlo.po.it/arte/ville/htm/barone.htm

http://www.comune.montemurlo.po.it/uffstamp/rassegna/2005/01/htm/1319.htm#g19

http://www.mondimedievali.net/Castelli/Toscana/prato/provincia.htm

http://www.po-net.prato.it/artestoria/fuori/htm/barone.htm

http://www.pratoartestoria.it/id257.htm

- per le genealogie rossiane:

http://www.sardimpex.com/

- per notizie e storie fantastiche:

http://www.fantasmitalia.it/prato.htm

http://www.creepynet.com/notizie.html

 

 

© Pier Luigi Poldi Allaj 25-12-2005

Rev. 1 - 20-10-2009


 

 

Aggiornamento da

http://www.tvprato.it/2013/12/in-vendita-la-villa-del-barone-a-montemurlo-forte-linteresse-di-acquirenti-stranieri/

 

In vendita la villa del Barone a Montemurlo: forte l’interesse di acquirenti stranieri
17 Dicembre 2013 

villa barone montemurlo

 

Torna in discussione il futuro della villa del Barone a Montemurlo, che potrebbe anche essere venduta a investitori stranieri: i proprietari del gioiello cinquecentesco situato alle pendici del monte Iavello, a dominare la piana lungo la strada verso Albiano, hanno infatti deciso di affidare all’immobiliare Symposium la struttura per ipotizzare non necessariamente una vendita, ma magari una compartecipazione, utile anche a concludere i lavori di ristrutturazione. Secondo quanto appreso, al momento sembra che ci sia un interessamento da parte di un compratore non italiano, ma è ancora prematuro parlare di una vendita, visto che anzi potrebbe profilarsi all’orizzonte l’ipotesi di una comproprietà. Ancora è tutto da definire, ma dall’agenzia fanno sapere comunque che questa decisione non è da imputarsi al disinteresse degli attuali proprietari, che invece hanno investito molto sulla villa. Probabilmente l’intenzione di cercare nuovi investitori è derivata dal fatto che i lavori di ristrutturazione al momento sono fermi, si pensa per mancanza di fondi. Comunque la destinazione d’uso concordata con l’amministrazione comunale resta invariata, ossia la costruzione di una struttura ricettiva che ospiti un albergo e un centro convegni di alta qualità, con il sindaco Mauro Lorenzini che chiarisce quanto un eventuale nuovo proprietario debba comunque attenersi al piano che il Comune ha concordato da tempo. La storia di questa struttura medicea legata al territorio di Montemurlo nasce da lontano, con l’interessamento del tennista Adriano Panatta, che tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta la voleva trasformare in una struttura sportiva. Decaduto questo progetto, da quel momento sono stati tanti i passaggi di proprietà, alcuni dei quali evidenziarono anche un’incuria nella gestione, con il trasferimento delle suppellettili e anche di alcuni importanti affreschi. Questo fino al 1999, quando l’allora sindaco Ivano Menchetti, adesso assessore provinciale, ricevette un piano di recupero sulla base del quale era prevista la realizzazione di un albergo di alta qualità. Destinazione d’uso che fino ad oggi non è variata, anche se, nonostante le opere di consolidamento e la ristrutturazione della foresteria portata avanti dagli attuali proprietari, ancora i lavori sono lontani dall’essere conclusi.

Elia Frosini

 


CORTE DEI ROSSI