COMUNE DI ROVERETO - ASSESSORATO AL TURISMO
con la collaborazione di
Comune di Rovereto - Assessorato alla Cultura
Circoscrizione Centro e Circoscrizione Sud
APT Rovereto e Vallagarina e APT del Trentino
Consorzio Iniziative Città di Rovereto
Unione Commercio e Turismo e Confesercenti del Trentino
Pro Loco e Comune di Thiene
Corte dei Rossi e Comune di San Secondo Parmense

 

Dal 27 al 29 luglio 2001 si è svolta a Rovereto (TN) con grande partecipazione di pubblico la terza edizione della manifestazione storico-rievocativa (ed anche enogastronomica!) "Rovereto Venexiana" con una serie di eventi culturali, teatrali e folkloristrici. Tema centrale delle rievocazioni è stata la figura di Guido de' Rossi e la sua impresa di Calliano nel corso della "guerra di Rovereto"  tra la Serenissima Repubblica di Venezia e Sigismondo conte del Tirolo (1487). Figuranti della "Corte dei Rosis"  e amministratori del Comune di San Secondo Parmense hanno presenziato al Corteo Storico ed allo scambio dei doni la sera di sabato 28 luglio. In particolare ai i sansecondini sono stati omaggiati di un bellissimo quadro su legno interamente dipinto a mano, opera della pittrice decoratrice locale Noria Longhi Filippi, con la raffigurazione del Castello di Rovereto nel 1600 e la Rocca di San Secondo nel 1460, tratta dall'affresco del Bembo nella Camera d'Oro di Torrechiara. Il gradito dono è stato collocato nella Sala di Adone in Rocca, la sala degli amici e parenti illustri. Il quadro-arazzo, undicesimo della serie delle "Gesta Rossiane" della Grande  Sala di San Secondo sul tema della "battaglia di Rovereto" campeggiava a tutto campo sui manifesti e sui depliants della manifestazione trentina, mentre la stampa locale ha dato grande risalto all'avvenimento ed alla partecipazione del Comune di San Secondo e della "Corte dei Rossi".

 APT Rovereto e Vallagarina



Guido de' Rossi protagonista a San Secondo, Venezia e Rovereto
di Pier Luigi Poldi Allaj

Nacque Guido de' Rossi tra il 1435 ed il 1445 da Pier Maria II detto il Magnifico e da Antonia dei conti Torelli. Scarse sono le notizie intorno alla sua vita sino al 1478 quando dal Duca di Milano fu eletto governatore di Pontremoli e della Lunigiana e nel 1479 condottiere di uomini d'arme. 

Dopo la morte del padre, avvenuta in Torrechiara il 2 di settembre del 1482, continuò a difendersi strenuamente in San Secondo dagli attacchi di Lodovico il Moro, riuscendo persino ad infliggere in alcune sortite gravi perdite al nemico, uomini illustri quali Bonifacio Lupi e Tomaso di Saluzzo. Ebbe persino l'ardire di pubblicare un premio a chi gli avesse consegnato o vivo o morto Sforza Sforza che goverrnava la guera nel parmigiano contro la sua Casa. Fu vinto solo dal tradimento di alcuni castelli - Carona,  Bosco di Corniglio,  Roccaferrara - e tentò il 12 di settembre di uscire di notte da San Secondo assediata senza riuscirvi. 

Su istanza del suocero (aveva egli sposato la milanese Ambrosina figlia del conte Filippo Borromeo), decise di patteggiare la resa ed in persona si portò al campo nemico dove fu stabilito che sarebbe stato tolto l'assedio e cessate ovunque e subito le ostilità alle condizioni che lui ritornasse fedele al Duca di Milano, non tenesse presso di sé alcun armigero e conservasse quanto ancora possedeva, con perdita di molte terre, di esenzioni e della indipendenza dei suoi castelli dalla giurisdizione di Parma, dando come garanzia in ostaggio il figlio Filippo Maria. Accondiscese il Moro a questo trattato non già per salvare la famiglia di Guido, ma perché gli occorrevano milizie per la guerra di Ferrara.

I movimenti ostili dei suoi fratelli, Jacomo in particolare, istigati dai Veneziani a proseguire la guerra, la sua alleanza con il protonotario Torelli e l'accoglienza in Torrechiara di un provveditore veneto fecero riprendere le armi contro di lui e il 18 di gennaio del 1483 fu dichiarato nemico, traditore, ribelle e la sua immagine, come quella del padre già morto, appesa per i piedi al palazzo del Comune di Parma. Dopo alcune schermaglie con Sforza Sforza e Lodovico il Moro in Val di Nure nel piacentino, Guido passò nel genovesato perdendo i trentatre castelli che nella pace precedente gli erano stati lasciati. Anche San Secondo s'arrese il 21 giugno 1483.

Con La pace di Bagnolo del 7 agosto 1484 fu sancito che i Rossi non fossero reintegrati nei loro possedimenti, anzi per disposizione preventiva fu stabilito che il Moro dovesse essere padrone di tutte le loro terre che poi egli distribuì a suoi favoriti. 

Riparò Guido de' Rossi, esule volontario, all'ombra del leone di San Marco, al quale consacrò il suo braccio e la sua mente. Gli fu assegnata una pensione e la condotta di 200 uomini d'armi e 300 arcieri a cavallo. Non gli mancarono le occasioni di dimostrare il proprio valore, ma ogni sua vittoria venne sovrastata dall'impresa di Calliano nel corso della guerra di Rovereto fra i Veneziani e i "Tedeschi" di Sigismondo Conte del Tirolo.

Nel corso del XV secolo buoni furono i rapporti tra la Serenissima Repubblica di Venezia e la Contea del Tirolo e il fiume e la valle dell'Adige fungevano, allo stesso tempo, da cerniera e da confine attraverso il quale passavano le merci e gli uomini. Nel delicato equilibrio di poteri tutto procedette bene sino all'inizio del 1487, quando l'infingardo Conte Sigismondo, più dedito agli ozi di corte che non alla gestione del potere - si dice avesse avuto quaranta figli naturali e nessun erede legittimo -, venne irretito dai Conti d'Arco in un contenzioso che rapidamente degenerò a causa anche di altri fatti estemporanei quali l'imprigionamento di mercanti veneziani alla Fiera di Bolzano il 20 di aprile. Tre giorni dopo Gaudenzio Matsch, capitano generale del Tirolo, marciò su Rovereto con un piccolo esercito. Pronta la reazione del podestà Nicola Priuli che rafforzò le difese e invitò Venezia a radunare truppe in Vallagarina. Il campo venne posto a Serravalle e il comando dato al generale Camerino, quasi subito sostituito da Roberto Sanseverino, uno dei più grandi capitani di ventura italiani, il quale arrivò a Rovereto il 27 di maggio, troppo tardi, quando ormai i difensori erano allo stremo di forze e di viveri.

Il 10 di giugno, nell'ultimo assalto, la Rocca di Rovereto cadde dopo 49 giorni d'assedio: il podestà e i suoi uomini fatti prigionieri; singolare disfida fra Antonio Maria Sanseverino, il figlio di Roberto, e il condottiero tedesco Giovanni Sonnenberg con vittoria di quest'ultimo; razzie, incendi e devastazioni.

Mentre Venezia tentava soluzioni diplomatiche il conflitto tra Tirolesi e Veneziani si estese lungo la linea di confine, dalle Giudicarie alle Alpi Carniche, tentando i Veneziani di penetrare in Valsugana, seguitando i Tirolesi a far scorrerie fin verso Vicenza e Bassano.

Roberto Sanseverino elaborò un piano per impedire ulteriori attacchi a Rovereto, ivi trattenendosi sino al 20 di luglio, pensando con freschi rinforzi (significativo l'arrivo dei soldati  da Thiene che, entrati in città il 25 luglio, rimettono sulla Rocca il vessillo di San Marco) di sferrare l'attacco decisivo.

Ai primi di agosto il Sanseverino, forte di 5.000 fanti, 3.000 cavalli, denaro e materiale da guerra, si avviò a superare la chiusa di Calliano. Alle due di mattina del 10 di agosto i fanti guadarono il fiume e si cominciò a costruire un ponte di barche per il passaggio del grosso dell'esercito. La battaglia si infiammò con il sopraggiungere di rinforzi tedeschi da Trento. I Veneziani vennero colti di sorpresa: molti annegarono nell'Adige e, fra di essi, anche il generale Roberto Sanseverino.

Quanto tutto sembrava perduto Guido de' Rossi, subentrato al Sanseverino nel supremo comando, con il suo manipolo di 300 arcieri a cavallo, tra i quali anche il figlio Filippo Maria, e Jacomo, fratello dello stesso Guido, con altri 300 cavalli, piombarono sui Tedeschi ebbri di vittoria e dopo alcune ore di scontri li costrinsero a ritirarsi verso Trento.

Il bilancio di questa battaglia di un giorno fu pesantissimo: 1.500 uomini morti e 100 fatti prigionieri fra i Veneziani, la metà circa fra i Tirolesi, ma gravissime furono le perdite anche in cavalli, armi e munizioni.

Scrisse il Bembo nella sua Istoria Viniziana: "Solo il Signor Guido Maria de' Rossi con la sua compagnia di soldati a cavallo, avendosi prima per mezzo gli nimici con le arme e con la virtù fatto strada, e salvatosi nel piano, i Tedeschi lieti della vittoria incontro a sé rivolse: co' quali combattendo, quello che nelle guerre l'animo e la costanza potesse, fe' palese. Perciocché egli parte di loro uccise, gli altri sospinse e fugò, e a sé più chiara vittoria de' nimici vincitori (il che rade volte suole avvenire) in quella guisa riportò".

La battaglia di Calliano ben è raffigurata nell'undicesimo quadro delle "Gesta Rossiane" all'interno della "Grande Sala" della Rocca dei Rossi di San Secondo e ben descritta (se si eccettua la "promozione sul campo" a "imperatore" di Sigismondo: la distanza e le scarse comunicazioni fdell'epoca giocarono questi scherzi) nell'ottava dell'anonimo secentista:

Fan Veneziani una crudel giornata
A Rovereto con l'Imperatore
Sigismondo, e a lor la fuga è data
Da Imperiali. Guido, ch'era il fiore
All'hor de' Rossi, dà con fronte irata
Con poca gente contro il vincitore
E così 'l vince, e rompe, che San Marco
Assicura da danni, morti e incarco. 

Le conseguenze politiche della vittoriosa impresa di Guido de' Rossi, oltre che impedire ai Tirolesi una netta vittoria su Venezia, consentirono alla Serenissima Repubblica di mantenere i propri confini e di garantire "Rovereto venexiana" per altri vent'anni. Le trattative di pace, con la mediazione di Papa Innocenzo VIII e dell'imperatore Massimiliano d'Austria, si chiusero il 13 novembre 1487.

Guido de' Rossi mori in Venezia nel 1490. Scrisse l'Angeli che "se ne morì in Vinegia con molto dolore di tutta la città. La pompa funerale fu solennemente fatta per ordine della Repubblica, e con molto honorata oratione fu lodato da Marco Antonio Sabellico, e seppellito nella chiesa della Carità".

 

Ultimo aggiornamento della presente pagina in data 04 giugno 2009 09.36.24