LETTERE - Libro II - 295

La lettera, pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1542 dal Marcolini quale editore del Libro II delle Lettere, viene scritta dall'Aretino per congratularsi con il Conte di San Secondo che è ripassato sotto le insegne francesi, quale generale in capo delle truppe italiane.

 

A

Al conte piermaria di sansecondo

 

Al sentir del grido che divulga con qual grado e con quanta riputazione voi, signor, sete condotto dal re cristianissimo, la mia affezione, la quale nel vagar del vostro valor grande parea dormire, si è talmente desta che mi è suto forza notificarvelo con le parole distese ne le righe de la presente carta. E chi mai vidde rientrare nel lasciato proposito una persona riscossa dal sonno mercé de le brigate parlanti, vede me, che dando orecchie a le voci de la fama che vi celebra rientro ne la materia dei vostri onori con la veemenzia che move or voi a vendicarvi per via dei gran fatti, de la insolenzia di quella fortuna che vi ha tenuto furto, acciò che l'opere de le virtù che vi illustrano non avessino a interrompere le perminenzie che, mentre sono state sopite, le è parso di dare a la indignità di coloro che ella essalta. Ora, in onta del fasto di lei e in gloria del fausto d'Italia, il mondo ritorna in modo a credere quel che già di voi gli promesse l'eccellenzia de le vostre condizioni, che vi pon mente ne l'atto che fanno le genti quando mirano colui che tira a sé la somma d'ogni loro speranza; talché i travagli dativi da la perfidia de la sorte vi accrescano più credito che l'antichità del tempo a le statue che ella offusca non accresce stima. E sì come il velo del verde che s'impone suso la impronta de le medaglie gli raddoppia il pregio, così la copia degli oltraggi con cui gli uomini e il destino vi hanno interrotti gli acquisti de la milizia, dee risultarvi in laude. Sì che ripigliate le solite armi, da che la pravità del fato e la invidia altrui non ve le può torre del dosso né da l'animo. Certo, l'odio di quegli e la malvagità di questi tor non ve le possono; però che, oltre che il cielo vi concesse per libero dono la valentigia e la prudenzia, ereditate le strenue qualità de lo eroico zio vostro, la magnanimità del quale mai non trasse dal mestieri de la guerra alcun guadagno vile, ma combattendo in memoria de la virtù propria, fece dai sedici anni ai ventotto la sua mortalitade immortale. Di Vinezia il 9 di ottobre 1541.

Pietro Aretino

 

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