La Spalla di San Secondo in Consorzio?

Sindaco e Vice spingono per valorizzare questo prodotto tipico della Bassa Parmense, di cui San Secondo vanta una storica primogenitura. Già depositato il marchio. Ora ci vorrebbe un Consorzio. Il norcino Emanuele Cavalli la giudica un’ottima iniziativa

di Ferrari F.

Siamo a San Secondo Parmense, comune di circa 5 mila abitanti, nato attorno a Castello e antica Corte tra nobili, contadini e abili norcini. Ai giorni nostri, centro soprattutto di attività terziarie, di servizi.

Davanti a noi Sindaco e Vicesindaco: Roberto Bernardini, giovane, dinamico, stretto al telefonino che non gli concede pause e Pier Luigi Poldi Allaj, aria professorale ma informale, da studioso, col quale il discorso scorre tra storia e attualità.

 


 

 

Da sinistra: il vice Sindaco di San Secondo, Pier Luigi Poldi Allaj, storico locale;
il Sindaco, Roberto Bernardini; Franco Ferrari, nostro collaboratore.

 

Oggetto del conversare, la specialità locale, la Spalla appunto di San Secondo, un insaccato di selezionata carne suina, lavorata e aromatizzata con sapienza e fantasia, legata a mano e messa a maturare o avviata a cottura.

Spalla cruda o cotta dunque che sia, comunque una bontà. Oggi per lo più la si trova e la si consuma cotta e tale viene accolta, con favore indiscusso e convinto, in zona e fuori. è un fiore all’occhiello che risale ai tempi remoti del primo medioevo e ancor prima. Certificazioni e pergamene lo documentano ufficialmente nel primo secolo dopo il mille. Prodotto quindi plurisecolare, con pochi cambiamenti e tanta fedeltà allo scorrere del tempo, perché la manifattura delle origini è sostanzialmente valida tuttora. Anche in piena era industriale la ricetta è più o meno la stessa.

L’incontro in Municipio, tuttavia, non è solo per ricordare le qualità indiscutibili della Spalla, ma per dimostrare pure come San Secondo abbia titolo per rivendicarne nome e primogenitura sulla base di un rogito, datato 8 febbraio 1170, in cui lo si riconosce ufficialmente quale produttore originario e più importante.

Battendo in tal guisa la concorrenza di altri centri limitrofi che pare non vantino date precedenti e neppure, stando agli atti notarili conosciuti, attestati pari o superiori in fatto di quantità prodotte.

Il rogito dunque di San Secondo, come afferma e come ha scritto Allaj, "… redatto di domenica, di fronte al popolo uscito da messa, con pubblici giuramenti di tutti gli interessati, diversamente insomma da quanto avvenuto a Pizzo e a Palasone dove il cerimoniale fu meno solenne e in giorno feriale…" è quello che fa fede e attribuisce, carte alla mano, a San Secondo la paternità storica della famosa Spalla.

 


 

 

Emanuele Cavalli, il principe produttore di San Secondo.

 

A questo punto l’Amministrazione vorrebbe andar oltre e costituire un Consorzio invitando all’adesione i produttori della Bassa parmense ed eventualmente anche quelli dell’Alta, purché chiaramente disponibili a riconoscere e ad accettare le normative previste dal disciplinare.

Che comunque non dovrebbe sollevare particolare problemi o richiedere significativi cambiamenti nelle ricette e nei processi produttivi fin qui seguiti. Conterrà infatti la semplice, sommaria, seppur fedele descrizione di come debba essere fatta la Spalla per potersi chiamare di San Secondo e godersi così in futuro una meritevole Dop o Igp.

Il marchio è già registrato, occorre ora avviare il Consorzio, cosa non sempre facile, perché come sostengono i nostri interlocutori ci sono situazioni da armonizzare, piccole gelosie, individualità che rendono difficile lo stare in gruppo e, per quanto non rilevanti, anche costi da sostenere, perlomeno in partenza.

Ma la volontà di fare non manca. I vantaggi in prospettiva sono del resto intuibili e legati sia ad una più estesa valorizzazione della "Spalla" che ad una sua maggior promozione attraverso pubblicità ed eventi. Ne potrebbe derivare una spinta più che sensibile all’economia di un territorio comprensivo di vari Comuni.

E che l’iniziativa possa essere valida ce lo conferma dal suo Laboratorio, dove prepara squisite Spalle già tutte prenotate da clienti super affezionati, Emanuele Cavalli che di questo prodotto è protagonista, come lo fu per anni il padre.

"Si tratta però di mettere d’accordo enti e produttori" dice. "E il primo passo sarebbe proprio la costituzione di un Consorzio per dare impulso al consumo, al commercio, al turismo gastronomico e artistico, quest’ultimo già avviato grazie alla Rocca e al Castello, coi loro affreschi, la loro storia".

Si vedrà. Le potenzialità del prodotto, osserva il Sindaco, non sono certo trascurabili. Vantano testimoni a livello regionale e nazionale e ogni anno durante la grande Fiera d’Agosto si moltiplicano i consensi.

"Sarebbe bello — è l’augurio di Allaj — poter festeggiare nell’edizione di quest’anno la nascita del Consorzio, assaggiando Spalla e bevendo Fortanina, il rosso locale che si sposa così bene con questo prelibato frutto della nostra salumeria".

E l’augurio è anche il nostro. Come cronisti, e come estimatori, della Spalla di San Secondo ne seguiremo fiduciosi il cammino e, perché no, il successo!

Franco Ferrari

 


 

 

Giuseppe Verdi, grande buongustaio dei prodotti tipici della sua terra.

 

Verdi insegnava a cuocerla

Verdi era un appassionato della spalla di San Secondo. Egli aveva cercato anche di comperare la Rocca di San Secondo per erigervi la Casa di Riposo per musicisti, e, da una sua lettera al Conte Arrivabene, abbiamo questa frase: "Io non diventerò feudatario della Rocca di S. Secondo, ma posso benissimo mandarti una spalletta di quel santo". La lettera è del 27 aprile del 1872 e prosegue: "Anzi te l’ho già spedita stamattina per ferrovia. Quantunque la stagione sia un po’ avanzata, spero la troverai buona. Devi però mangiarla subito prima che arrivi il caldo. Sai tu come va cucinata? Prima di metterla al fuoco bisogna levarla di sale, cioè lasciarla due ore nell’acqua tiepida. Dopo si mette al fuoco dentro un recipiente che contenga molta acqua. Deve bollire a fuoco lento per sei ore, poi la lascierai raffreddare nel suo brodo. Fredda che sia, ossia 14 ore dopo, levarla dalla pentola, asciugarla e mangiarla...". Dopo alcuni cenni all’Aida, Verdi torna da capo: "Dunque occupati ora della spalletta e sappimi dire come l’hai trovata".

Che a Verdi piacessero molto le spalle di San Secondo ce lo attesta anche Italo Pizzi nelle sue "Memorie Verdiane", nelle quali afferma che Verdi sin da giovane soleva recarsi a San Secondo a mangiarne in casa di un amico, tornando poi alle Roncole ancora in carrozza con un superbo gallo a cassetta... Ma molte altre volte troviamo in altri documenti dei cenni a questo squisito prodotto del Parmense, per cui vale la pena di seguire i volumi biografici di Franco Abbiati per trarne tutti quei cenni che servono a dimostrare la preferenza di Verdi per questo rinomato prodotto. Emanuele Muzio, il fedele discepolo di Giuseppe Verdi, scriveva così dopo avere effettuato una sfacchinata a Firenze: "Viaggio felice nell’andata e felicissimo nel ritorno poiché il salame e le spalle sono passati trionfanti in mezzo a tutti i gabellieri...". L’Abbiati fa notare come Verdi che è a Firenze per preparare il "Macbeth", si interessa molto del salume, della spalla, e poco dell’opera trovandosi in un periodo di svogliatezza. Il 18 maggio 1843, scrivendo da Parma a Luigi Toccagni, Verdi, dopo mille saluti ad amici e amici degli amici, aggiunge: "Porterò meco la spalletta di San Secondo...". Durante la preparazione del "Falstaff", nato a grande stento in molte delle sue parti, ai primi di ottobre del 1892 Boito e Giulio Ricordi si portarono a Sant’Agata con un teatrino da pupi dentro un sacco e diedero una rappresentazione dell’opera (Falstaff) in quel teatrino lillipuziano. "Si fecero le ore piccole — annota l’Abbiati — e si consumarono due spallette all’uso di San Secondo. Innaffiatissime come voleva la Giarrettiera". Ma ecco una lettera ancora più dettagliata in merito al modo di cucinare la spalla, tanto che ci pare perfino di sentire la voce della consorte Giuseppina Strepponi, la Peppina, dettare, essa cuciniera espertissima, e sorvegliante delle donne di servizio e del cuoco medesimo. Siamo nell’anno 1890, precisamente il 10 agosto, quando scrivendo a Teresina Stolz e al "caro" Giulio Ricordi, aggiunge la ricetta per cucinare le spallette alla parmigiana. In periodo estivo le spalle non sono così saporite come in primavera, ma comunque Verdi le ha trovate o nella sua dispensa, dimenticate o le ha comperate da qualche contadino del posto: "Allegata a questa mia riceverete anche dalla Ferrovia due spallette uso San Secondo, che noi mandiamo una per voi e l’altra per la famiglia Ricordi. Scegliete quella che volete, ma badate che per cuocere bene la spalletta bisogna:

1) Si mette in acqua tiepida per circa dodici ore, onde levargli il sale;

2) Si mette dopo in altra acqua fredda e si fa bollire a fuoco lento, onde non scoppi, per circa tre ore e mezzo, e forse quattro per la più grossa. Per sapere se la cottura è al punto giusto, si fora la spalletta con un curedents e se entra facilmente la spalletta è cotta;

3) Si lascia raffreddare nel suo brodo e si serve. Guardate soprattutto alla cottura; se è dura non è buona e se è troppo cotta diventa asciutta e stopposa".

Quando Verdi scrive "spallette all’uso di San Secondo" induce a pensare che in quel caso si trattasse di spallette comperate a Busseto, dove, nei suoi dintorni, se ne confezionano di molto buone, o anche a lui regalate o portate come appendice di contratto di mezzadria o di affitto dai contadini dei suoi poderi. Naturalmente le spallette piacevano moltissimo, e gli amici deliziati da tale saporito piatto parmense, ricambiavano con regali, il più possibile, degni di reggere al confronto delle spallette. In questa occasione la Stolz e Giulio Ricordi, uniti nel dono ricevuto si uniscono anche nel dono di riconoscenza e spediscono una montagna di dolci.

(Estratto da F. Botti, “Verdi insegnava a cuocerla” in “San secondo — Arte, storia, attualità”)

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Giuseppe Verdi Ferrari-Poldi Emanuele Cavalli

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