I "Rossi" e il Papato

di Pier Luigi Poldi Allaj 

 

     

Nel corso dei secoli - quantomeno a partire dal XIII - i "Rossi" hanno avuto ottimi rapporti con i Papi. Molti esponenti dell'illustre Casato parmense hanno beneficiato di cariche importanti e, allo stesso tempo, hanno prestato il loro braccio o la loro mente ai successori di Pietro che, in alcuni casi, erano loro familiari o amici.

Possiamo certamente cominciare con Innocenzo IV, Sinibaldo Fieschi, Papa dal 1243 al 1454, quell’Innocenzo IV che tutti gli storici ricordano per essere stato, dopo Gregorio IX, il maggiore antagonista del famosissimo Imperatore svevo Federico II Hohenstaufen.

Il Pontefice è uno degli ispiratori massimi della rivolta di Parma che culminerà con la gravissima disfatta imperiale di Vittoria.

Innocenzo IV nasce a Genova attorno al 1195; diviene parmigiano d’adozione, dopo che suo padre Ugo lo invia presso il fratello Obizzo, che ricopre la carica vescovo a Parma, appunto, dal 1194 al 1224. Qui il giovane Sinibaldo viene avviato alla carriera ecclesiastica; percorsi tutti i gradi e ricoperti importanti uffici curiali, il 25 giugno 1243 da un Collegio di appena 8 Cardinali viene eletto Papa con il favore dello stesso Federico II, che vede in lui, rampollo di una famiglia di antiche origini filoimperiali, la persona adatta per la composizione di quella vertenza fra l’Impero e la Chiesa, che si andava protraendo da ormai troppo tempo. Purtroppo, e il clamoroso tonfo di Vittoria ne è il tragico epilogo, l’atteggiamento del Papa non sarà conforme ai desiderata imperiali.

Quale l'aggancio "rossiano"? Prima di diventare Papa, nel 1216, Sinibaldo Fieschi aveva visto una delle sorelle, Maddalena, prendere come marito Bernardo di Rolando Rossi, uno dei protagonisti, della vita politica parmense, e non solo. Saranno infatti i Rossi (oltre ai Sanvitale, famiglia del Vescovo Alberto, figlio di un’altra sorella del Pontefice, Margherita) a pilotare il governo della città verso uno sfrenato "guelfismo", verso quel fatale scontro del 18 febbraio 1248.

Dovranno passare oltre due secoli prima di trovare un altro Pontefice, seppur indirettamente, di molto giovamento alla famiglia di San Secondo. Indirettamente perché – parlo di Sisto IV, Francesco della Rovere, nato a Celle di Savona il 21 luglio 1414, eletto il 9 agosto 1491 – lui manco sapeva chi erano i Rossi, lui che, legato alla famiglia dei Riario, una volta assurto al soglio pontificio, dispensa gli stretti parenti di ogni carica e titolo. Nomina il nipote Girolamo, ex commerciante di Savona, conte di Imola, dandogli pure in isposa Caterina Sforza, figlia del duca di Milano. Un altro nipote, Raffaele, viene eletto Cardinale a soli 16 anni.

E sarà proprio tramite Raffaele che i Rossi, dopo il matrimonio - 1503 - di Troilo I con Bianca Riario, promogenità di Girolamo e Caterina Sforza, grazie anche a due pontefici medicei, Leone X e Clemente VII, otterranno numerose rendite ecclesiastiche, non ultima la carica di vescovo di Pavia addirittura per due generazioni.

Leone X e Clemente VII, ambedue del Casato dei Medici di Firenze, il primo figlio di Lorenzo il Magnifico, il secondo figlio di quel Giuliano rimasto ucciso nella congiura dei Pazzi, sono - anche se non visceralmente - dalla parte dei Rossi, nonostante Leone X avesse lui stesso favorito gli avvenimenti del 1522 protagonisti Bernardo Rossi, Vescovo di Treviso, e Giovanni delle Bande Nere, nonostante Clemente VII avesse disatteso, nel 1526, le volontà testamentarie di Giovanni delle Bande Nere che voleva successore al comando delle eroiche truppe Pier Maria III de' Rossi.

Viene massimamente agevolata la carriera ecclesiastica il fratello del Conte di San Secondo Giovan Girolamo, nominato protonotario apostolico a soli 12 anni nel 1517, fatto chierico di camera nel 1526, nominato vescovo di Pavia nel 1530. Beneficia di rendite derivanti dall'Abbazia di Chiaravalle della Colomba nel piacentino e di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.

Purtroppo prima della tanto agognata "berretta" arriva Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, la massima sventura rossiana, che succede a Clemente VII nel 1534. Usato come semplice pedina diplomatica, illuso, e poi disilluso, messo contro i suoi stessi parenti - i Medici, i Vitelli - processato, incarcerato, esiliato, destituito da vescovo di Pavia, tolte a lui le rendite ecclesiatiche, Giovan Girolamo e tutti i Rossi devono aspettare la morte di quell' "antico, horrendo, atro serpente di Lerna" per riottenere giustizia e considerazione.

Con Giulio III, Giovan Maria Ciocchi del Monte, Giovan Girolamo riottiene dalla revisione del processo la riabilitazione che si traduduce, oltre che nel reinsediamento a Pavia, diocesi nel frattempo retta dallo stesso Cardinal del Monte, nella sua nomina a Governatore di Roma. Avrà modo di ripagare quanti gli sono stati vicini nel tormentato periodo degli anni quaranta, in special modo i Medici e i Gonzaga.

A Roma Giova Girolamo risulta pure simpatico protagonista di una novella del Bandello, in una vicenda quasi boccaccesca. Condanna – egli governatore – la "cortigiana" (non so sino a quanto "onesta"!?) Isabella da Luna ad essere frustata denudata sulla pubblica piazza per aver contravvenuto a sue disposizioni sul "buon costume".

Ma neppure stavolta ci scappa il cappello cardinalizio per la repentina scomparsa, nel 1555, di Giulio III. Anzi contro il Rossi da qualche tempo si tramava - soprattutto su istigazione della famiglia dei Farnese che aveva riacquistato, forse mai perso, l'antica potenza - con accuse di eresia. Si ritira quindi in Prato dove cesserà di vivere il 5 aprile 1564, alcuni anni dopo una sua formale "abdicazione" dalla diocesi di Pavia in favore del nipote Ippolito.

Fratello del Conte di San Secondo Troilo II, figli entrambi di Pier Maria III e di Camilla Gonzaga, Ippolito de' Rossi era stato nominato cameriere segreto e protonotario apostolico nel 1559 da Pio IV (Giovan Angelo de' Medici). Nei primi mesi del 1561, ricevuti nel giro di poche settimane gli ordini sacri e la consacrazione episcopale, viene inviato vescovo coadiutore di Pavia con diritto di successione allo zio.

Ippolito, diversamente dallo zio Giovan Girolamo risiederà permanentemente in Pavia, dando alla diocesi un assetto organizzativo tale da essere ricordato anche negli anni a venire. Addirittura per le sue benemerenze in campo ecclesiale ed anche in virtù della elezione a Papa di Sisto V, Felice Peretti, suo grande estimatore, conquisterà finalmente la fatidica "berretta" di cardinale, sempre sfuggita allo zio paterno. Materialmente la "berretta", per speciale privilegio, gli verrà imposta dal granduca Ferdinando de' Medici nella Cattedrale di Firenze il giorno di Natale del 1585, alla presenza di tutto il corpo diplomatico. Il Granduca aveva pure voluto che una staffetta, partita dalla città gigliata, recasse la notizia a San Secondo, nel momento stesso in cui egli compiva la cerimonia. Ippolito, oltre al governo della diocesi di Pavia, parteciperà, a Roma, al conclave che porterà alla nomina di Urbano VII - Gian Battista Castagna - e dopo la morte di questi, che ebbe un pontificato di soli 13 giorni, sarà pure presente per la elezione di Gregorio XIV - Niccolò Sfondrati nativo forse di Somma Lombardo (oggi in provincia di Varese) nel 1535 e vescovo di Cremona dal 1560 al 1590 - personaggio con il quale era in grandissima familiarità.

In Roma , in seguito agli strapazzi conseguenti ai lavori di due conclavi e per un improvviso attacco malarico, cessa di vivere a soli 59 anni di età. I Cardinali Vincenzo e Scipione Gonzaga, parenti ed esecutori testamentari, gli fanno preparare un sepolcro nella Chiesa di San Biagio dell'Anello - ora San Carlo ai Catinari -, suo titolo cardinalizio. La pietra tombale reca la seguente iscrizione:

 

 

 

 

 

 

 


Innocenzo IV

 

 

 

 

 


Sisto IV

 


Leone X

 

 


Clemente VII

 


Paolo III

 

 


Giulio III

 

 

 


Sisto V

 

 

 

 


 
 

D.O.M.
Hyppolito Rubeo Cardinali
Avitae nobilitatis splendore
Summaeque virtutis laude clarissimo,
Qui epicopus Ticinensis Concilio Tridentino interfuit
In suaque Ecclesia XXX annos regenda
Paternam in populum sibi commissum charitatem,
Perpetuum in retinenda ecclesiatica disciplina studium
Singularem in omni vita integritatem praestitit
Ioannes Vincentius et Scipio Cardinales Gonzagae
Testamenti executores
Affini et Collegae optimo posuerunt
Vixit annos LIX Menses V Dies XXVIII
Obiit IV Kal. Mai M D XC I


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